Quando si parla dell’alluce valgo, si inquadra una problematica del piede molto diffusa, soprattutto tra la popolazione femminile, e frutto di una deviazione anomala del primo osso metatarsale. Fastidiosa anche dal punto di vista estetico – limita notevolmente la gamma di scelte quando si apre il capitolo delle scarpe – può provocare un dolore non sempre semplice da gestire.
Sulla sua correzione chirurgica in particolare ruotano diversi luoghi comuni. Nelle prossime righe, sfateremo assieme i più diffusi.
L’intervento è molto doloroso
Sono purtroppo numerose le persone che decidono di non sottoporsi all’intervento per la correzione dell’alluce valgo in quanto timorose di andare incontro a un livello di dolore difficile da tollerare.
Al giorno d’oggi, esistono diverse soluzioni che permettono di rendere il post operatorio agevole evitando, per esempio, problematiche un tempo frequenti, come gonfiore e dolore post-operatorio. Quest’ultimo in particolare viene gestito in modo molto piu’ attento grazie all’utilizzo di anestesie periferiche (che lasciano il piede addormentato per diverse ore dopo l’intervento) e all’approccio mini-invasivo delle nuove tecniche chirurgiche.
In particolare questa criticità è stata ulteriormente migliorata dall’utilizzo della nuova tecnica mini-invasiva MICA (Minimally Invasive Chevron Akin), che abbina gli aspetti positivi dell’approccio percutaneo, perche’ rimane fondamentale alluce valgo intervento mini invasivo, con il ricorso a mezzi di sintesi specifici (se ne hai sentito parlare e vuoi approfondirne i vantaggi, contatta la dottoressa Camilla Maccario per un alluce valgo intervento).
Le radiografie non sono sempre necessarie ai fini della diagnosi
Come per tutte le patologie anche quando si parla di alluce valgo è importante prima di parlare di cura e quindi di chirurgia aver raggiunto una diagnosi precisa e completa. Un luogo comune diffuso chiama in causa la radiografia alluce valgo come uno step necessario per formularla.
Non è sempre vero! Molto spesso, infatti, per arrivare a parlare di paziente con alluce valgo è sufficiente la semplice visita ortopedica. L’ortopedico specialista, a prescindere dallo stadio della patologia, è in grado di giungere alla prima conclusione anche vedendo camminare il paziente (essenziale, ovviamente, è che sia a piedi nudi).
La radiografia rigorosamente in carico o la tac in carico a basso dosaggio, rimangono pero’ esami strumentali fondamentali nel momento in cui si voglia formulare il corretto planning chirurgico.
Il rischio di recidiva post intervento è molto alto
Facciamo una doverosa premessa: la medicina non è una scienza esatta e sarebbe sbagliato e ingannevole parlare di tecniche in grado di garantire al 100% l’assenza di complicanze.
Nel caso della correzione dell’alluce valgo si è assisto ad una vera evoluzione delle tecniche chirurgiche volta a migliorare il processo di cura e i risultati in termini di affidabilita’ della correzione riducendo al minimo il tasso di recidiva.
Per diverso tempo, il gold standard per il trattamento dell’alluce valgo è stata la chirurgia percutanea. Questo approccio ha un rovescio della medaglia: da un lato garantiva un’invasività molto bassa, dall’altro, invece, apriva la strada a un rischio rilevante di recidiva.
In cosa risiedeva il problema? Nel mancato ricorso ai già citati mezzi di sintesi.
Infatti la tecnica mini-invasiva spopola inizialmente proprio per l’assenza di incisioni e di mezzi di sintesi.
Tuttavia si rende presto evidente che affidare la correzione della deformita’ dell’alluce al solo bendaggio, significava aumentare il tasso di recidiva.
Dalla necessita’ quindi di proseguire sulla strada della mini-invasivita’, offrendo anche stabilita’ a livello della correzione, nasce la tecnica mini-invasiva oggi ritenuta all’avanguardia: la tecnica MICA.
Dopo l’intervento di alluce valgo non ci si può mettere in piedi
La tecnica chirurgica a cui si fa riferimento permette inoltre al paziente, una volta scemato l’effetto dell’anestesia, di assumere tranquillamente la posizione eretta. Il paziente in realtà dovrà camminare a pieno carico sul o sui piedi operati indossando calzature ad hoc, che oggi possono essere anche bilaterali, per fornire un appoggio piu’ agevole e bilanciato senza dover ricorrere all’utilizzo delle stampelle.