La pinsa romana è un piatto tipico della regione Lazio, che apparentemente ricorda la pizza classica ma che in fondo non ha nulla a che vederci. Le due cose sono ben distinte non solo per sapore ma anche per nascita e sviluppo. La tradizione vuole infatti che la pinsa abbia origini talmente antiche, spesso ricondotte agli etruschi.
La storia della pinsa
Tradizionalmente dunque pare che la pinsa sia arrivata a Roma grazie agli etruschi, che preparavano questa pietanza come la conosciamo oggi. In vero qualche storico riconduce la nascita di questo piatto succulento all’epoca dell’antica Grecia: Virgilio, il poeta, narra nella sua Eneide che Enea e i figli erano soliti mangiarla. L’eroe greco aveva scoperto la pinsa quando arrivato in Lazio, gli fu offerta dal re Latino e dalla sua figlia Lavinia. Anzi, proprio questo gesto ben descritto nel poema ha fatto sì che la pinsa divenisse un piatto romano dedicato agli ospiti.
Pertanto l’apice della diffusione di questa prelibata delizia giunse durante l’Impero Romano, quando veniva preparata per accogliere popoli amici e per celebrare il rapporto di rispetto con divinità e sacerdoti. Capitava spesso, infatti, che i plebei facessero questa tipologia di offerta ai loro dei per ringraziarli della loro benevolenza.
Etimologia e consistenza materiale
La pinsa romana è molto particolare, può essere descritta come una sorta di focaccia derivante da un impasto variegato. Al suo interno piatti vengono utilizzati cereali poveri quali miglio, avena, farro, orzo, alla fine mescolati con acqua e sale. In questo modi si ottiene un impasto particolare che consente di ottenere la forma tradizionale della pinsa romana.
Per quanto concerne l’aspetto etimologico, il suo nome non è certo casuale: esso deriva dal latino, e più precisamente dal verbo “pinsare” che si traduce come pestare. Questo perché, al termine dell’impasto, la pinsa viene schiacciata per consentire la cottura. Una cottura che deve essere fatta nella sua caratteristica forma più allungata (e che la distingue dalla tradizionale pizza).
Ancora oggi per i romani si tratta di un piatto unico nel suo genere, che rappresenta una ricchezza di cui andare fiero. Esso viene infatti preparato peri numerosi turisti che giungono a Roma.
La ricetta storica
In considerazione del fatto che oggi la pietanza viene insaporita da molti intingoli, la tradizione gastronomica del paese, vuole la pinsa come un alimento utilizzato a mo’ di pane. Del resto è così che viene descritta nell’Eneide, ovvero come un accompagnamento per mangiare secondi piatti a base di carne dal sugo appetitoso. In epoche antiche la pinsa veniva cotta su delle braci fatte di pietra, che a loro volta veniva appoggiata su dei carboni.
Oggi invece c’è stata una rivisitazione della ricetta, che consente di gustarla deliziosamente condita come più si preferisce. Questo almeno è quanto fanno nei numerosi e ristoranti laziali, come la Pizzeria a Villanova Guidonia, dove si può gustare varie forme di pinse, sia come pasto completo che come sostitutivo del pane.
Tanto sapore in poche calorie
La cosa bella di questo alimento molto rinomato a Roma è che ha una consistenza talmente povera di ingredienti da non avere un apporto calorico molto considerevole. Dunque essa si può mangiare sia se stiamo a dieta sia se invece siamo dei golosi nati.
La pinsa nasce infatti da un mix di farine come grano tenero, frumento, soia e anche riso, misto all’utilizzo del lievito madre.
Questa pietanza tanto saporita non contiene molti carboidrati complessi, così come è quasi pari a zero l’apporto di grassi e proteine.
Pure se a Roma la rivisitazione delle pinse è all’ordine del giorno, la tradizione fa sempre da padrona per l’ottenimento di un prodotto tipico che per la preparazione si mantiene fedele alla storia. Per avere una buona pinsa si deve poter ottenere un impasto leggero e saporito, che non dimentica mai le radici millenarie di cui si può vantare.